Ananyo Bhattacharya "L'uomo venuto dal futuro
"La gente non crede che la matematica sia semplice solo perché non si rende conto di quant’è complicata la vita. JOHN VON NEUMANN
Un giorno disse di avere osservato che i bambini ci mettevano sempre più o meno lo stesso tempo per apprendere la lingua madre, indipendentemente dalla loro nazionalità. Dunque, si chiese, qual è la lingua originaria della mente? E come fa il cervello a comunicare con sé stesso?
(Von Newmann su auto & guida)
un incrocio a Princeton fu presto battezzato «l’angolo di von Neumann», a causa dei molti incidenti che ebbe proprio in quel punto. Fuori città, sulle strade più larghe, si annoiava e rallentava. Quando a bordo la conversazione languiva, si metteva a cantare, tenendo il tempo dondolandosi e facendo, di conseguenza, girare il volante a destra e a manca. Von Neumann cambiava auto ogni anno, di solito dopo aver distrutto il modello precedente. Prendeva sempre una Cadillac, solo perché, come spiegava a chi gli chiedesse il motivo, «non ho ancora trovato nessuno disposto a vendermi un carrarmato».
sprizzava energia nervosa da tutti i pori e mostrava segni di comportamento ossessivo-compulsivo. «Prima di aprire un cassetto doveva farlo uscire e rientrare sette volte» annota Klári (sua moglie). «Idem per gli interruttori, anche quelli li azionava per sette volte prima di lasciare la luce accesa».
Szilárd era riuscito a convincere gli Stati Uniti a costruire la bomba. Ma dopo la resa della Germania, nel maggio 1945, cercò di far passare il messaggio che usarla contro i civili a quel punto sarebbe stato un errore. Scrisse una petizione in cui chiedeva di lanciare la bomba contro il Giappone solo in caso estremo, come ultima spiaggia, e convinse Wigner e altri sessantotto scienziati più giovani a firmarla. Ma la decisione era ormai presa. Già il 23 aprile 1945 Groves aveva scritto un rapporto al ministro della Guerra, Henry Stimson, in cui lo aggiornava sul Progetto Manhattan: «I nostri piani operativi si concentrano sulle bombe a cannone, più sicure e potenti, ma prevedono anche l’uso di quelle a implosione, non appena saranno disponibili. Il bersaglio è il Giappone, come si è sempre dato per scontato». Ci sono prove del fatto che la Germania fosse stata tolta dal mirino già nel maggio 1943, per una valutazione politica: se la bomba avesse fatto cilecca, era più probabile che ci fossero scienziati in Germania in grado di sfruttare la cosa a proprio favore che non in Giappone. Alcuni storici sostengono che fu anche colpa del razzismo: l’opinione pubblica americana disprezzava i giapponesi. E in effetti, quando dopo la guerra si studiò il caso delle migliaia di americani di origine giapponese internati negli Stati Uniti, si scoprì che l’azione fu motivata non tanto da vere ragioni di sicurezza, ma da «pregiudizi razziali, isteria collettiva in tempo di guerra e mancanza di leadership politica».35 C’era poi il desiderio di vendetta per l’attacco di Pearl Harbor.
Secondo von Neumann, riferisce il giornalista Norman Macrae, «i progressi nel campo delle macchine calcolatrici consentiranno loro di funzionare quasi come cervelli ... Tali macchine saranno collegate a tutti i sistemi a larga scala, come le telecomunicazioni.
Kahn raccolse tutti i seminari che aveva tenuto sulla deterrenza in un tomo di oltre seicento pagine e lo fece leggere a Wohlstetter, che gli consigliò di bruciarlo.81 Invece lo pubblicò con il titolo On Thermonuclear War (Sulla guerra termonucleare) […]il matematico James Newman in una delle recensioni più famose del libro. «È difficile da credere ... Nessuno scriverebbe certe cose; a nessuno verrebbero in mente... Forse l’intera faccenda è uno scherzo di cattivo gusto». «Questo è un trattato morale sull’omicidio di massa,» continuava Newman «su come pianificarlo, come commetterlo, come farla franca, come giustificarlo».
Uno degli ultimi alla Rand a usare la teoria dei giochi per discutere di deterrenza nucleare fu l’economista di Harvard Thomas Schelling, che concepiva la guerra come una continuazione della trattativa con altri mezzi.
«L’evento più clamoroso dell’ultimo mezzo secolo è quello che non si è verificato» disse Schelling nel 2005, due giorni prima di ritirare il premio Nobel. «Per sessant’anni abbiamo prosperato senza che le armi nucleari esplodessero in tutta la loro rabbia». Schelling attribuì la nostra «sbalorditiva fortuna» a un tacito tabù contro l’uso di ogni bomba, anche la più piccola. Ma se l’orrore di Hiroshima e Nagasaki dovesse svanire dalla coscienza collettiva, e se altre nazioni o addirittura gruppi terroristici dovessero acquisire armi nucleari, non c’è alcuna garanzia che questa «repulsione quasi universale» contro il loro uso sarà ancora condivisa. Non sappiamo se ci resta molto tempo.
Theory of Self-reproducing Automata (Teoria degli automi autoreplicanti) il cui autore non è altro che John von Neumann.
(in merito alla tecnologia e alla previsione di realizzazione dell’intelligenza artificiale)
Lasciate a sé stesse nello spazio, queste macchine avrebbero potuto diventare coscienti? Se sì, sarebbero state ancora felici di soddisfare le nostre esigenze piuttosto che le loro? Alle macchine si poteva insegnare quel che era «giusto» e «sbagliato», ma ciò non garantiva che si comportassero bene, proprio come avviene per gli esseri umani.
I progressi in campi come gli armamenti e le telecomunicazioni, continua von Neumann, hanno notevolmente ridotto i tempi di una escalation dei conflitti e ne hanno ingigantito la portata. Una disputa regionale può in breve estendersi e inghiottire l’intero pianeta.
Non esiste una «ricetta pronta per l’uso» – una panacea – per evitare l’estinzione per mano della tecnologia. «Possiamo solo specificare le qualità umane richieste: pazienza, flessibilità, intelligenza»."