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15 July 2024

14 July 2024

Matteo Bordone "L'invenzione del boomer":
"In fin dei conti la grande trappola è che i boomer nel ruolo dei vecchi non vogliono insegnare ai giovani come diventare adulti, ma come essere davvero giovani, davvero ribelli, davvero antagonisti, femministi, barricaderi, attivisti.

ogni aspetto del nostro quotidiano. Ovviamente i boomer, per come sono cresciuti, non si sognano di sentirsi fuori dai giochi e tirarsi indietro con discrezione, quindi si muovono a modo loro, con una particolare forma di disinvoltura, nel mondo digitale contemporaneo. C’è il problema che, se anche loro non se ne accorgono, spesso sono fuori posto, inopportuni, imbranati.

Quello che hanno fatto i boomer negli ultimi anni sui social network è un disastro di proporzioni inaudite. Si è sviluppata una cultura anziana da social, una interpretazione presbite delle dinamiche di quegli spazi, che mette i brividi già a chi frequenta la rete da sempre e ha quasi cinquant’anni come me. Pensate come si devono sentire quelli veramente giovani davanti a questi contenuti mostruosi di chiara matrice boomer. I buongiornissimo caffè, i fiorellini, i cuoricini, i cagnolini. Le immagini dei cigni in amore che con il collo descrivono un cuore al tramonto, ritoccati male, con una frase di Sepulveda a chiosare. Scritta in Comic Sans. Pixellata. Non è neanche veramente di Sepulveda.

Tutto questo boomerware di battute, frasi filosofiche quotidiane, fotografie di bambini agghindati da cavolfiore, da ape, adagiati in un grazioso secchio smaltato18 è cringe, come dicono i giovani italiani. È imbarazzante.

Lo scollamento dei boomer dalla comunicazione digitale non si vede solo nella forma, nel tono, nel registro di quello che dicono, ma anche nel modo di intendere la propria presenza in rete e nei contenuti che si esprimono. Arrivati troppo tardi negli anni ai social network, i boomer non hanno assimilato il concetto per cui, anche se la tecnologia permette di avere un’identità digitale, quello che si dice online davanti a persone più o meno sconosciute non è quello che si dice a tavola al momento degli amari. La differenza tra il mondo reale e quello della socialità online è uno dei punti centrali che ai boomer sfuggono proprio. In più i boomer sono loquaci per natura, e passano sopra a un milione di istanze che per i giovani sono importanti. Per questo i boomer online risultano spesso sia pesanti, professorali e pieni di certezze, che drammaticamente imbranati, inopportuni, grossolani, goffi nel maneggiare i registri.

Oggi i boomer sono lo zoccolo duro di Facebook, dove la scomodità e la bruttezza della piattaforma risultano solo per loro irrilevanti.

Se una differenza c’è, ha senso anche che ci sia una parola che ci ricordi che esiste, che questa imbranataggine è figlia di una esposizione tardiva alla tecnologia, e non di inettitudine."

14 July 2024

Ananyo Bhattacharya "L'uomo venuto dal futuro
"La gente non crede che la matematica sia semplice solo perché non si rende conto di quant’è complicata la vita. JOHN VON NEUMANN

Un giorno disse di avere osservato che i bambini ci mettevano sempre più o meno lo stesso tempo per apprendere la lingua madre, indipendentemente dalla loro nazionalità. Dunque, si chiese, qual è la lingua originaria della mente? E come fa il cervello a comunicare con sé stesso?

(Von Newmann su auto & guida)
un incrocio a Princeton fu presto battezzato «l’angolo di von Neumann», a causa dei molti incidenti che ebbe proprio in quel punto. Fuori città, sulle strade più larghe, si annoiava e rallentava. Quando a bordo la conversazione languiva, si metteva a cantare, tenendo il tempo dondolandosi e facendo, di conseguenza, girare il volante a destra e a manca. Von Neumann cambiava auto ogni anno, di solito dopo aver distrutto il modello precedente. Prendeva sempre una Cadillac, solo perché, come spiegava a chi gli chiedesse il motivo, «non ho ancora trovato nessuno disposto a vendermi un carrarmato».

sprizzava energia nervosa da tutti i pori e mostrava segni di comportamento ossessivo-compulsivo. «Prima di aprire un cassetto doveva farlo uscire e rientrare sette volte» annota Klári (sua moglie). «Idem per gli interruttori, anche quelli li azionava per sette volte prima di lasciare la luce accesa».

Szilárd era riuscito a convincere gli Stati Uniti a costruire la bomba. Ma dopo la resa della Germania, nel maggio 1945, cercò di far passare il messaggio che usarla contro i civili a quel punto sarebbe stato un errore. Scrisse una petizione in cui chiedeva di lanciare la bomba contro il Giappone solo in caso estremo, come ultima spiaggia, e convinse Wigner e altri sessantotto scienziati più giovani a firmarla. Ma la decisione era ormai presa. Già il 23 aprile 1945 Groves aveva scritto un rapporto al ministro della Guerra, Henry Stimson, in cui lo aggiornava sul Progetto Manhattan: «I nostri piani operativi si concentrano sulle bombe a cannone, più sicure e potenti, ma prevedono anche l’uso di quelle a implosione, non appena saranno disponibili. Il bersaglio è il Giappone, come si è sempre dato per scontato». Ci sono prove del fatto che la Germania fosse stata tolta dal mirino già nel maggio 1943, per una valutazione politica: se la bomba avesse fatto cilecca, era più probabile che ci fossero scienziati in Germania in grado di sfruttare la cosa a proprio favore che non in Giappone. Alcuni storici sostengono che fu anche colpa del razzismo: l’opinione pubblica americana disprezzava i giapponesi. E in effetti, quando dopo la guerra si studiò il caso delle migliaia di americani di origine giapponese internati negli Stati Uniti, si scoprì che l’azione fu motivata non tanto da vere ragioni di sicurezza, ma da «pregiudizi razziali, isteria collettiva in tempo di guerra e mancanza di leadership politica».35 C’era poi il desiderio di vendetta per l’attacco di Pearl Harbor.

Secondo von Neumann, riferisce il giornalista Norman Macrae, «i progressi nel campo delle macchine calcolatrici consentiranno loro di funzionare quasi come cervelli ... Tali macchine saranno collegate a tutti i sistemi a larga scala, come le telecomunicazioni.

Kahn raccolse tutti i seminari che aveva tenuto sulla deterrenza in un tomo di oltre seicento pagine e lo fece leggere a Wohlstetter, che gli consigliò di bruciarlo.81 Invece lo pubblicò con il titolo On Thermonuclear War (Sulla guerra termonucleare) […]il matematico James Newman in una delle recensioni più famose del libro. «È difficile da credere ... Nessuno scriverebbe certe cose; a nessuno verrebbero in mente... Forse l’intera faccenda è uno scherzo di cattivo gusto». «Questo è un trattato morale sull’omicidio di massa,» continuava Newman «su come pianificarlo, come commetterlo, come farla franca, come giustificarlo».

Uno degli ultimi alla Rand a usare la teoria dei giochi per discutere di deterrenza nucleare fu l’economista di Harvard Thomas Schelling, che concepiva la guerra come una continuazione della trattativa con altri mezzi.

«L’evento più clamoroso dell’ultimo mezzo secolo è quello che non si è verificato» disse Schelling nel 2005, due giorni prima di ritirare il premio Nobel. «Per sessant’anni abbiamo prosperato senza che le armi nucleari esplodessero in tutta la loro rabbia». Schelling attribuì la nostra «sbalorditiva fortuna» a un tacito tabù contro l’uso di ogni bomba, anche la più piccola. Ma se l’orrore di Hiroshima e Nagasaki dovesse svanire dalla coscienza collettiva, e se altre nazioni o addirittura gruppi terroristici dovessero acquisire armi nucleari, non c’è alcuna garanzia che questa «repulsione quasi universale» contro il loro uso sarà ancora condivisa. Non sappiamo se ci resta molto tempo.

Theory of Self-reproducing Automata (Teoria degli automi autoreplicanti) il cui autore non è altro che John von Neumann.

(in merito alla tecnologia e alla previsione di realizzazione dell’intelligenza artificiale)
Lasciate a sé stesse nello spazio, queste macchine avrebbero potuto diventare coscienti? Se sì, sarebbero state ancora felici di soddisfare le nostre esigenze piuttosto che le loro? Alle macchine si poteva insegnare quel che era «giusto» e «sbagliato», ma ciò non garantiva che si comportassero bene, proprio come avviene per gli esseri umani.

I progressi in campi come gli armamenti e le telecomunicazioni, continua von Neumann, hanno notevolmente ridotto i tempi di una escalation dei conflitti e ne hanno ingigantito la portata. Una disputa regionale può in breve estendersi e inghiottire l’intero pianeta.

Non esiste una «ricetta pronta per l’uso» – una panacea – per evitare l’estinzione per mano della tecnologia. «Possiamo solo specificare le qualità umane richieste: pazienza, flessibilità, intelligenza»."

14 July 2024

14 July 2024

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